RETI NELLA CITTA’ Paolo Crippa e Ivan Cortinovis
Le relazioni sociali
A Bergamo è possibile osservare come negli ultimi decenni il modo di abitare sia cambiato e sia in linea coi mutamenti in altre città e più in generale nella società. Ad esempio :
- tempi di lavoro e tipi di lavoro sono sempre più differenziati, quasi personalizzati
- è mutata la composizione familiare, si è ridotto il ruolo delle reti parentali e sono presenti diversi tipi di famiglie con bisogni e modi di vivere diversi;
- lo spazio dell’abitare è sempre più ridotto o relegato al solo aspetto di ricovero alberghiero. L’organizzazione urbanistica tende a ridurre gli spazi comuni (spazi pubblici), a privilegiare le esigenze estetiche e funzionali del singolo a scapito del paesaggio e di un rapporto paritario e rispettoso con la natura;
- la struttura commerciale un tempo costituita da piccoli negozi di quartiere, luogo di incontro tra le persone, è meno vicina alla residenza e sempre più concentrata in spazi periferici e autonomi (centri commerciali), con un tempo dedicato ai consumi che penetra nel tempo libero;
- l’uso intensivo dei mezzi di trasporto veloci e dei nuovi strumenti di comunicazione (internet, telefono) ha ridotto lo spazio tempo;
Questi fenomeni vanno di pari passo con l’impoverimento delle relazioni sociali di vicinato, diminuite in intensità e in quantità, che stanno perdendo la carica di mutuo aiuto e di miglioramento reciproco dell’autostima di cui sono portatrici. Sorge la difficoltà di tessere relazioni significative nel proprio quartiere e di conseguenza si affievolisce la capacità di superare ostacoli apparentemente banali (“non ho nessuno che possa ritirare mio figlio dalla scuola oggi che termino tardi il lavoro”, “chi può dare un occhio a mia madre che, anziana, è in casa da sola nei prossimi giorni”, “conosci qualcuno capace di sistemarmi la tapparella”, ecc.) che devono quindi essere affrontati con servizi a pagamento. Emerge una più diffusa insicurezza, un senso di inadeguatezza, di paura e di solitudine di fronte ad uno spazio e a persone che non si conoscono. La drastica riduzione delle relazioni sociali di vicinato impedisce di riconoscere come un’intelligenza comune sia in grado di superare i limiti di ciascuno e migliorare la qualità di vita di ognuno.
Il quartiere policentrico
Nello spazio della città chiamato quartiere, a Bergamo composto da 5000-8000 abitanti, sono presenti luoghi e istituzioni (scuola, parco, oratorio, negozi, a volte spazi di aggregazione per giovani e per anziani, raramente ludoteca, piazza, ecc.) che nelle loro diverse forme sono frequentate dai cittadini che lo abitano. Tale frequentazione in alcuni casi spinge alla nascita di associazioni o gruppi più o meno informali. Difficilmente uno solo di questi soggetti, sia esso istituzione o gruppo, è completamente rappresentativo del quartiere relativamente ad un contenuto specifico: accanto alla scuola dell’infanzia pubblica esiste quella privata, la polisportiva offre un paio di sport e molti ragazzi escono dal quartiere per praticarne altri, la religione non è più una sola, buona parte degli anziani non frequenta il centro anziani, nido pubblico e nido privato sono due comunità separate, ecc. Diviene difficile trovare in un quartiere un esteso denominatore comune sociale, un’associazione, un luogo, un gruppo entro cui tutti si possono riconoscere, sentirsi e prendere parte, come poteva capitare in passato, ad esempio quando c’erano interi quartieri costruiti attorno a una fabbrica. Si pensi soltanto a quanto siano differenziati i riti della nascita e del matrimonio tanto che non è nemmeno scontato l’aspetto sociale di tali avvenimenti.
E’ possibile individuare quindi la presenza di diversi gruppi (i genitori della scuola dell’infanzia, il comitato che rivendica l’ampliamento del parco, il gruppo di famiglie solidali, il gruppo tempo libero dell’oratorio, ecc.) e altrettante istituzioni (scuola, chiesa, centro socioculturale, centro anziani, scuola di danza, ecc.) tanto da poter leggere il quartiere come entità sociale policentrica. Questa differenziazione mostra tutti i suoi limiti: ad esempio la scuola media riconosce le proprie difficoltà formative con alcuni ragazzi ma non riesce a fornire loro un supporto efficace per i compiti; l’oratorio non riesce a comunicare capillarmente a tutte le famiglie l’offerta del CRE; la biblioteca rionale non si capacita di come i ragazzi non la frequentino per studiare; i genitori sono allarmati del consumo di sostanze alcoliche dei loro figli adolescenti; il gruppo tempo libero dell’oratorio non comprende perché solo poche famiglie partecipino alla festa di Carnevale; l’assistente sociale non ha strumenti per gestire l’elevato numero di casi di disagio familiare; ecc. Queste frustrazioni non sono condivise e rimangono circoscritte nel gruppo o istituzione in difficoltà, quasi fossero una questione privata.
Esiste ed è stata sperimentata in più quartieri della città la cosiddetta rete di quartiere. Essa mette in collegamento il quartiere policentrico, favorisce e rafforza il lavoro dei gruppi formali, di quelli informali, delle istituzioni nella loro capacità operativa e nel tenere unito un tessuto di relazioni in frantumi.
La rete sociale
In quest’ottica la rete sociale acquista senso in quanto, identificato il denominatore comune (i minori, la disabilità, la promozione dell’agio, ecc.), essa diviene strumento di riconoscimento reciproco di tutte le realtà aggregate del territorio. La rete sociale è infatti il luogo in cui diverse persone – ciascuna presente come riferimento di un gruppo o istituzione – si confrontano periodicamente (ad esempio una volta al mese) in merito al denominatore comune.
La rete è un insieme di aggregati di persone, distinti l’uno dall’altro e non può esistere una rete di singoli individui (che sarebbe invece un gruppo, un comitato) ma una serie di relazioni di secondo livello dove i referenti dei singoli gruppi operano insieme. La partecipazione di persone facenti parte di gruppi permette a tutti di confrontarsi con portavoci di pensiero che è già il risultato di un confronto di idee e prassi in essere. Possibili soggetti di una rete di quartiere sono la scuola (infanzia, primaria e media), gli asili, lo spazio giovanile, il centro socioculturale, la biblioteca, l’oratorio, l’assistenza sociale, il comitato del parco, la polisportiva, l’associazione di promozione sociale, il Comitato dei genitori della scuola, i vigili di quartiere, la Circoscrizione, ecc. E’ fondamentale la presenza di soggetti istituzionali accanto alle associazioni e gruppi informali per costituire una efficace sinergia cittadini-istituzioni.
Il ruolo della rete
La rete può presentare allora diversi livelli operativi e, prendendo come esempio la rete che si confronta sui minori nel quartiere di Monterosso a Bergamo, essi sono:
- Informativo. Ciascun soggetto partecipante alla rete sa chi sono gli altri, quali finalità si propongono, come stanno operando in questo momento. Ad esempio l’operatore del Centro Socio Culturale sa che esiste nella scuola una insegnante che utilizza una parte del suo tempo per interloquire col quartiere.
- Visone. Più soggetti sviluppano pensiero comune rispetto ad alcuni contenuti propri della rete, ad esempio riflettono sull’utilizzo attuale e futuro di un parco del quartiere; analizzano la situazione dei giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro; fanno quadrato sul valore aggiunto di una zona pedonale accanto alla scuola; si sforzano di comprendere come sia possibile reperire volontari per il supporto ai compiti a casa degli allievi in difficoltà, ecc.
- Coordinamento. Ciascun soggetto della rete prima di attuare un’iniziativa, verifica di non sovrapporsi a iniziative simili già in essere, ad esempio il Centro socio culturale non organizza una lettura animata durante l’orario del CRE, l’associazione di promozione sociale diffonde al proprio interno le attività del gruppo tempo libero dell’oratorio, ecc.
- Contributivo. Un soggetto propone un’iniziativa e chiede agli altri un contributo specifico ad esempio economico, di risorse umane, di strutture, di materiali. Ad esempio la scuola scrive un progetto musicale per i ragazzi delle elementari e chiede a Comitato genitori e associazioni del territorio di supportarlo economicamente, vista l’assenza di altri finanziamenti. Oppure la scuola chiede in prestito ad una associazione l’impianto per la riproduzione del suono per la festa di fine anno.
- Cogestione. Un soggetto propone un’iniziativa e chiede agli altri di gestirne una parte. Per esempio il Comitato dei Genitori organizza una festa al parco e chiede alla polisportiva di organizzare dei giochi sportivi per bambini. Il Gruppo ricreativo dell’oratorio organizza la festa del Carnevale itinerante e chiede al gruppo che indirizza il Centro Socio Culturale comunale di gestirne una tappa nel Centro stesso.
- Progettuale. Più soggetti insieme scrivono e partecipano ad un progetto – ciascuno secondo il proprio profilo – dal suo nascere alla sua verifica finale, ad esempio creando un percorso di formazione per chi opera con adolescenti e quindi rivolto sia a genitori, sia a insegnanti, sia a educatori dello spazio giovanile e sia agli allenatori delle squadre giovanili. Oppure scuola, spazio giovanile, oratorio individuano per alcuni ragazzi che frequentano i tre spazi, una serie di regole comuni da far rispettare.
- Accoglienza. Il singolo cittadino che offre disponibilità sociale, attraverso la rete può identificare il gruppo più adatto entro cui attivarsi.
- Generativo. La rete genera un tessuto e crea relazioni nuove, ad esempio supportando un progetto di alfabetizzazione per madri della scuola dell’infanzia crea un nuovo tessuto relazionale tra le famiglie, oppure diffondendo l’opportunità di suonare nella banda del quartiere genera nuovi contatti tra adulti che prima non si conoscevano, ecc.
Il ruolo del Comune
Il ruolo del Comune è determinante anche se è possibile che alcune reti di quartiere nascano o si espandano spontaneamente. In linea generale è necessaria la presenza di un facilitatore a tutti gli incontri della rete, stipendiato dal Comune, in collegamento cogli assessorati pertinenti. Il facilitatore permette:
- Stimolare la nascita di una rete
- Portare alla rete le visioni di altre reti
- Tenere la rete in contatto con l’operare dell’amministrazione
- Dare al quartiere uno sguardo proveniente dall’esterno
- Offrire agli assessorati una presa diretta del quartiere
- Dare uno status istituzionale al confronto mensile
In questo modo il Comune mette in atto il concetto di sussidiarietà e partecipazione contenuti nella Costituzione (art.118), nello statuto regionale e in quello comunale.
Bergamo, 17 luglio 2013